Museo Archeologico Nazionale di Castiglioncello

Visita

Via del Museo, 8
57016 Castiglioncello – Rosignano Marittimo (LI)

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Come raggiungere il museo

A piedi
· da Piazza della Vittoria: percorri via Martelli fino alla Torre Medicea; prosegui poi su via Corcos e svolta a sinistra su via Saragat; infine svolta a destra in via del Museo.
· dalla via Aurelia: percorri via Marconi, svolta a destra su via Saragat e ancora a sinistra su Via del Museo.

Con il bus
Autolinee Toscane da Livorno e altre località costiere della provincia, con fermata in Piazza della Vittoria o alla stazione di Castiglioncello.

Consulta gli orari Autolinee toscane

Orario invernale

Dal 1 luglio alla seconda domenica di settembre:

dal martedì alla domenica 17:00 – 20:00

(aperto il 15 di agosto)

Dal 1 ottobre 2023 al 29 marzo 2024:

prima domenica del mese 10:00 – 13:00 e su richiesta per gruppo di almeno 3 persone

Dal 30 marzo 2024 al 30 giugno 2024:

sabato ore 16:30 – 19:30

domenica e festivi 10:00 – 13:00

Ingresso
Gratuito
*Visite guidate ed attività educative e didattiche per scuole e gruppi su prenotazione

Info e prenotazioni

0586 724288
palazzobombardieri@comune.rosignano.livorno.it

Una storia tormentata

Alla fine dell’Ottocento, il piccolo promontorio di Castiglioncello appariva pressoché incontaminato e selvaggio, a eccezione delle presenze storiche della Torre Medicea (circa 1500) e dell’attigua Chiesa di S. Andrea, di rari edifici di servizio (poste, osterie) che sorgevano lungo la via litoranea e di altrettanto rare fattorie sulle colline retrostanti. Erano ancora lontani gli anni della fiorente cittadina balneare che oggi conosciamo: Castiglioncello consisteva allora in una serie di terreni che si estendevano indisturbati vicino alla costa e che presto finirono per attirare l’interesse di ricchi proprietari terrieri.
Nel 1861, una vastissima tenuta venne ereditata dal mecenate Diego Martelli, illuminato e poliedrico esponente della cultura fiorentina. Affascinato da questo luogo incastonato tra terra e mare, Martelli ne fece la sua «prediletta dimora» nella quale coltivò, oltre al suo amore per l’arte e la letteratura, un più particolare interesse per i materiali antichi che affioravano pian piano dalle terre di famiglia. È anche da qui che nasce in Martelli il desiderio di rendere la sua amata Castiglioncello un’attrazione per turisti e intellettuali dell’epoca, desiderio che lo spinse a mettere in atto una serie di iniziative che si rivelarono però enormemente sfortunate, lasciandolo con moltissimi debiti, una proprietà da vendere e un sogno infranto.
Le potenzialità del luogo intraviste da Martelli non rimasero celate agli occhi di ben più capaci imprenditori: tra tutti, il barone Fausto Lazzaro Patrone, spregiudicato imprenditore dai progetti ambiziosi che arrivò a Castiglioncello col progetto ben chiaro di erigerlo a stazione balneare di fama europea che attirasse la borghesia e l’intellighenzia dell’epoca. Le maggiori possibilità economiche di Patrone gli garantirono il successo che era stato negato a Martelli e, dopo averne acquistato i terreni, iniziò una massiccia opera di urbanizzazione di tutta la zona, intenzionato a stupire con costruzioni che mostrassero anche al primo sguardo il suo potere e la sua agiatezza. La prima e più emblematica opera di Patrone fu la costruzione di un imponente maniero in stile neo-gotico, completo di mura, bastioni, torri e merli, circondato da un ampio parco di sapore romantico, eretto sulla fattoria di Diego Martelli. Nasce quello che oggi conosciamo come Castello Pasquini.

A cavallo tra ‘800 e ‘900, Patrone trasforma così un piccolo villaggio in una moderna cittadina. Sorgono i primi eleganti stabilimenti balneari affacciati sul porticciolo, una linea ferroviaria collega la zona alle città principali, molti terreni vengono ceduti (e spesso regalati) a importanti personaggi.Ciò che accadde però durante la campagna di urbanizzazione della zona fu al contempo imprevedibile e affascinante: durante i lavori di costruzione del Castello Patrone e della ferrovia, così come in tutte le aree di nuova urbanizzazione, iniziò ad emergere dal sottosuolo una quantità straordinaria di materiali archeologici e di oggetti antichi. Patrone, certo che queste scoperte potessero accrescere il prestigio del luogo, si rivolse a Luigi Adriano Milani, allora Soprintendente alle Antichità dell’Etruria oltre che suo intimo conoscente. Milani era già un assiduo frequentatore di Castiglioncello per via dei rapporti che aveva intrattenuto con Martelli che anni prima gli aveva donato la collezione dei reperti rinvenuti nella sua fattoria. A ragione di questo legame già affezionato col territorio, si interessò fin dal principio ai rinvenimenti affiorati dai lavori di sterro per la costruzione del Castello Patrone. Era infatti venuta alla luce una vasta necropoli di età ellenistica che aveva convinto Milani a intraprendere nuove campagne di scavo in varie località della zona, portando così al rinvenimento dei numerosi corredi tombali etruschi che oggi possiamo ammirare nel Museo.

Inizia così, agli inizi del ‘900, quella che possiamo definire la vera e propria missione di Milani: la costruzione di un piccolo museo archeologico locale che custodisse quelle scoperte e che le restituisse, in tutta la loro antica bellezza, alla comunità e ai turisti. Tenendo fede ai suoi propositi, Luigi Adriano Milani, indisse fin dal 1911 una pubblica sottoscrizione per la costruzione del museo, ad integrazione degli esigui fondi ministeriali. La partecipazione fu notevole e coinvolse importanti personaggi come Renato Fucini e Vittorio Corcos, la società Solvay, l’Amministrazione comunale e, in modo ancor più sorprendente, anche piccoli negozianti e bottegai di Castiglioncello. Il progetto di Milani era quello di edificare un museo sulla sommità del Poggetto (terreno ench’esso donato dal Barone Patrone) che ricordasse già nella sua forma gli oggetti che esponeva. Prese infatti a modello un’urnetta in terracotta da Riparbella a forma di tempietto tuscanico e, per le decorazioni esterne, si ispirò a rilievi templari etruschi. Milani seguì i lavori nei minimi dettagli fino alla sua morte, avvenuta il 9 ottobre 1914 a un soffio dal coronamento del suo impegno.
Finalmente edificato, il Museo di Castiglioncello attraversò a fasi alterne degrado e popolarità. Gli anni ’20 e ’30 videro il museo oggetto di continui danneggiamenti a opera di eventi atmosferici e atti di vandalismo, a cui si aggiunse, pochi anni dopo, la devastazione della guerra che obbligò il trasporto dei reperti a Firenze. Riaperto al pubblico negli anni ’50 e ormai divenuto Museo Nazionale, godette di un luminoso seppur breve periodo di fama, diventando meta per villeggianti e studiosi. Nonostante questo, continuarono a susseguirsi danneggiamenti e futili restauri che portarono alla chiusura definitiva del museo tra il 1972 e il 1973.
Dovremo aspettare fino al 2011 perché il sogno di Luigi Milani si realizzi davvero. Grazie agli sforzi congiunti della Soprintendenza e dell’Amministrazione comunale, il piccolo Museo di Castiglioncello venne lentamente recuperato, rivalorizzato e riallestito nel pieno rispetto del progetto iniziale di Milani.
Nasce così un Museo innovativo, dove l’edifico e i reperti costituiscono un’unica entità non separabile, abbandonando le tradizionali teche scatolari a favore di un’unica grande vetrina “al contrario”, che racchiuda cioè il visitatore – e non gli oggetti esposti – e che permetta a tutti gli effetti di entrare e lasciarsi avvolgere dalla Storia di questo affascinante mondo antico.

Una storia tormentata

Un progetto ambizioso

Alla fine dell’Ottocento, il piccolo promontorio di Castiglioncello appariva pressoché incontaminato e selvaggio, a eccezione delle presenze storiche della Torre Medicea (circa 1500) e dell’attigua Chiesa di S. Andrea, di rari edifici di servizio (poste, osterie) che sorgevano lungo la via litoranea e di altrettanto rare fattorie sulle colline retrostanti. Erano ancora lontani gli anni della fiorente cittadina balneare che oggi conosciamo: Castiglioncello consisteva allora in una serie di terreni che si estendevano indisturbati vicino alla costa e che presto finirono per attirare l’interesse di ricchi proprietari terrieri.
Nel 1861, una vastissima tenuta venne ereditata dal mecenate Diego Martelli, illuminato e poliedrico esponente della cultura fiorentina. Affascinato da questo luogo incastonato tra terra e mare, Martelli ne fece la sua «prediletta dimora» nella quale coltivò, oltre al suo amore per l’arte e la letteratura, un più particolare interesse per i materiali antichi che affioravano pian piano dalle terre di famiglia. È anche da qui che nasce in Martelli il desiderio di rendere la sua amata Castiglioncello un’attrazione per turisti e intellettuali dell’epoca, desiderio che lo spinse a mettere in atto una serie di iniziative che si rivelarono però enormemente sfortunate, lasciandolo con moltissimi debiti, una proprietà da vendere e un sogno infranto.
Le potenzialità del luogo intraviste da Martelli non rimasero celate agli occhi di ben più capaci imprenditori: tra tutti, il barone Fausto Lazzaro Patrone, spregiudicato imprenditore dai progetti ambiziosi che arrivò a Castiglioncello col progetto ben chiaro di erigerlo a stazione balneare di fama europea che attirasse la borghesia e l’intellighenzia dell’epoca. Le maggiori possibilità economiche di Patrone gli garantirono il successo che era stato negato a Martelli e, dopo averne acquistato i terreni, iniziò una massiccia opera di urbanizzazione di tutta la zona, intenzionato a stupire con costruzioni che mostrassero anche al primo sguardo il suo potere e la sua agiatezza. La prima e più emblematica opera di Patrone fu la costruzione di un imponente maniero in stile neo-gotico, completo di mura, bastioni, torri e merli, circondato da un ampio parco di sapore romantico, eretto sulla fattoria di Diego Martelli. Nasce quello che oggi conosciamo come Castello Pasquini.

Da villaggio a città

A cavallo tra ‘800 e ‘900, Patrone trasforma così un piccolo villaggio in una moderna cittadina. Sorgono i primi eleganti stabilimenti balneari affacciati sul porticciolo, una linea ferroviaria collega la zona alle città principali, molti terreni vengono ceduti (e spesso regalati) a importanti personaggi.Ciò che accadde però durante la campagna di urbanizzazione della zona fu al contempo imprevedibile e affascinante: durante i lavori di costruzione del Castello Patrone e della ferrovia, così come in tutte le aree di nuova urbanizzazione, iniziò ad emergere dal sottosuolo una quantità straordinaria di materiali archeologici e di oggetti antichi. Patrone, certo che queste scoperte potessero accrescere il prestigio del luogo, si rivolse a Luigi Adriano Milani, allora Soprintendente alle Antichità dell’Etruria oltre che suo intimo conoscente. Milani era già un assiduo frequentatore di Castiglioncello per via dei rapporti che aveva intrattenuto con Martelli che anni prima gli aveva donato la collezione dei reperti rinvenuti nella sua fattoria. A ragione di questo legame già affezionato col territorio, si interessò fin dal principio ai rinvenimenti affiorati dai lavori di sterro per la costruzione del Castello Patrone. Era infatti venuta alla luce una vasta necropoli di età ellenistica che aveva convinto Milani a intraprendere nuove campagne di scavo in varie località della zona, portando così al rinvenimento dei numerosi corredi tombali etruschi che oggi possiamo ammirare nel Museo.

La costruzione del museo

Inizia così, agli inizi del ‘900, quella che possiamo definire la vera e propria missione di Milani: la costruzione di un piccolo museo archeologico locale che custodisse quelle scoperte e che le restituisse, in tutta la loro antica bellezza, alla comunità e ai turisti. Tenendo fede ai suoi propositi, Luigi Adriano Milani, indisse fin dal 1911 una pubblica sottoscrizione per la costruzione del museo, ad integrazione degli esigui fondi ministeriali. La partecipazione fu notevole e coinvolse importanti personaggi come Renato Fucini e Vittorio Corcos, la società Solvay, l’Amministrazione comunale e, in modo ancor più sorprendente, anche piccoli negozianti e bottegai di Castiglioncello. Il progetto di Milani era quello di edificare un museo sulla sommità del Poggetto (terreno ench’esso donato dal Barone Patrone) che ricordasse già nella sua forma gli oggetti che esponeva. Prese infatti a modello un’urnetta in terracotta da Riparbella a forma di tempietto tuscanico e, per le decorazioni esterne, si ispirò a rilievi templari etruschi. Milani seguì i lavori nei minimi dettagli fino alla sua morte, avvenuta il 9 ottobre 1914 a un soffio dal coronamento del suo impegno.
Finalmente edificato, il Museo di Castiglioncello attraversò a fasi alterne degrado e popolarità. Gli anni ’20 e ’30 videro il museo oggetto di continui danneggiamenti a opera di eventi atmosferici e atti di vandalismo, a cui si aggiunse, pochi anni dopo, la devastazione della guerra che obbligò il trasporto dei reperti a Firenze. Riaperto al pubblico negli anni ’50 e ormai divenuto Museo Nazionale, godette di un luminoso seppur breve periodo di fama, diventando meta per villeggianti e studiosi. Nonostante questo, continuarono a susseguirsi danneggiamenti e futili restauri che portarono alla chiusura definitiva del museo tra il 1972 e il 1973.
Dovremo aspettare fino al 2011 perché il sogno di Luigi Milani si realizzi davvero. Grazie agli sforzi congiunti della Soprintendenza e dell’Amministrazione comunale, il piccolo Museo di Castiglioncello venne lentamente recuperato, rivalorizzato e riallestito nel pieno rispetto del progetto iniziale di Milani.
Nasce così un Museo innovativo, dove l’edifico e i reperti costituiscono un’unica entità non separabile, abbandonando le tradizionali teche scatolari a favore di un’unica grande vetrina “al contrario”, che racchiuda cioè il visitatore – e non gli oggetti esposti – e che permetta a tutti gli effetti di entrare e lasciarsi avvolgere dalla Storia di questo affascinante mondo antico.